domenica 15 gennaio 2012

Cilento: dalla montagna al mare 1

Dal mondo rurale della montagna alle coste mitiche lungo il mare, il Cilento offre al visitatore bellezze naturali mozzafiato, tutte da vedere e da vivere! Clicca per vedere.


Promozione del Territorio Cilentano da PALINURO A PADULA " Viento ca Sona"


Il Cilento dal Cervati alla valle del Bussento alla Certosa di Padula

Dal monte Cervati (1899m.) dove sorge il Bussento, attraverso paesaggi idilliaci, giungiamo alla rinomata Certosa di Padula.
Clicca sul link:  ESEMPIO DOCUMENTARIO ISTITUZIONALE 2



Seconda parte Documentario Da Palinuro a Padula Viento ca Sona



giovedì 12 gennaio 2012

Cilento storie di pane e di grano

Il monte Cervati-PIAGGINE
 Cilento storie di pane e di grano
Questo video è stato girato a Pruno, sulla montagna del Cilento.
Oltre ai paesaggi ci mostra la coltivazione del grano ed in particolare
della "carusedda", il grano con le spighie senza spine coltivato dai nostri
nonni e con cui si faceva un ottimo pane, alimento base per le popolazioni
contadine che mangiavano pane e companatico (in genere un pezzettino
di formaggio o di salsiccia oppure lardo arrostito o fichi secchi).

 
Clicca sul link per vedere
                                             http://www.youtube.com/watch?v=NjBnsxk9Agw

martedì 10 gennaio 2012

POESIE PER IL CILENTO



 LA POESIA:
è un testo che ci offre dei quadretti di paesaggi,  o
esprime, in versi, i sentimenti e le emozioni del poeta 
il quale comunica al lettore  il proprio mondo interiore.
Leggere una poesia, capirla e gustarla vuol dire
entrare in sintonia con il vissuto dell''autore



POESIE PER IL CILENTO:
Sono due le poesie qui proposte.
Nella prima troviamo dei quadretti di vita contadina che
ci raccontano il paesaggio di Piaggine arricchito dal tocco
 realistico/umoristico e davvero poetico del
"uaglion' ca senza zoria n'arrecetta"ossia
del giovane che non trova pace, tranquillità se non
ha una donna da amare.
Nella seconda viene rivolta una preghiera al popolo cilentano
a non lasciare la bella terra che ha fornito "pane, pace e amore"
ai propri antenati che non si vergognavano di zappare la terra per
trarne sotentamento.

Cilientu, terra mia
Quannu sponta lu sol' senza vientu
e allegru arriva ncopp' a lu Cilientu,
nu voje sorca la terra a lu walanu,
nu ciucciu s' n' saglie chianu, chianu.

Lu p(e)curaru venn' le recott'
e s' n' vaie alluccannu porte porte:
chistu è lu latt' r' lu jazzu miu
verit' si v' vene stu quagliu!

Passannu p' nu vicu strittu strittu
nnant' a nu purtone r' rimpett
na vicchiaredda cu nu fusu mmanu
fila la lana e corda chianu chianu.

Passa na zoria janca cum' lu latt'
chiama lu p(e)curaru e cerca roi recotte:
uaglion' senza zoria n'arrecetta
te pozzo ra la recotta ca t'aspetta.

Na festa a lu paiese in allegria:
chistu è lu Cilientu,
chesta è la terra mia.
  (Luigi Petrone)

Nu fuìt'
Nu fuìt', nu scappat'
ra sta terra bella
c' a dat' pan',
pac' e amor'
a tanta bella gent'.

Nu fuìt, restat' cca;
cercat' r' suppurtà.
Turnat' a zappà la terra
ca nunn'è 'na vreogna
pecché li vavi vuosti
ra sta terra
c'anu zappatu cu tanta vuluntà
'anu cacciatu semp r ch' mangià
  (di Germana Roberto)


POESIE DI EMIGRANTI
E' l'amore che regola l'universo ,
 che crea e dà seguito alla vita.
Il distacco da ciò che amiamo
 genera annietamento e speranz
Sono questi i sentimenti di chi è costretto ad
abbandonare il proprio paese o la donna amata.
E' questo che traspare dalle due poesie che vi propongo.

  IO PARTO
... e se io parto,
mentre tu rimani...
sappi che continuerò a vivere,
vibrando ad un ritmo diverso.
Non mi vedrai ed
allora dovrai aver fede.
Aspetterò il giorno in cui
potremo librarci in volo insieme
ognuno conscio della presenza dell'altro.
Fino ad allora vivi la tua vita in pienezza
e quando avrai bisogno di me
sussurra il mio nome nel tuo cuore
e... io sarò con te.
                (Anonimo)

2)   ADDIO SACCO
Era maggio, l'aria pura,
alle quattro del mattino
io partivo all'avventura
ignorando il mio destino.

Vent'anni la mia età
d'esperienza verde ancora,
molto lungi dalla meta
dissi: addio vecchia dimora;

addio limpidi ruscelli,
addio monti e colli in fiore,
addio mamma, addio fratelli,
porto meco i vostri cuori;

addio amici e donne belle
che ho sempre tanto amato,
addio sole, luna e stelle
che l'azzurro ciel ornate;

addio caro mio paese
addio chiesa San Silvestro,
addio parroco cortese,
addio scuola, addio maestro;

addio Sacco Vecchio caro,
addio Sammaro d'argento,
non so dirvi quant'è amaro
dirvi addio in questo momento;

addio Fogna, addio Piaggine,
addio Roscigno e Bellosguardo,
Valle dell'Angelo, Laurino,
ritornare a voi non tardo.

Sacco mio, io ti saluto
fino al prossimo futuro
il destin così ha voluto
ma tornerò a te, lo giuro.
                                            Emiddio Macchiarulo

lunedì 9 gennaio 2012

 Ponte Medievale sul Calore - Piaggine (Cilento) http://www.panoramio.com/photo/15254656

Ponte Medievale sul Calore - Piaggine (Cilento)
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Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte IV)

Giuseppe Conte • 08 gennaio 2012 06:00
Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte IV)Arrivano i romani.
Dopo greci, lucani, barbari, uomini, arrivano i romani. Paestum, che di greci fu dominio, poi passò ai lucani e nel 273 a.C. infine ai romani. Le flotte navali pestane divennero “socii” dei romani. Non sorte diversa ebbe la “fu Elea” che con i romani divenne Velia.
Tra il mare e la montagna.
Mentre i romani divennero padroni delle due grandi colonie costiere, allora punto cruciale e dominante per il territorio, l'interno sottostava ancora ai lucani. Poi passò ai longobardi. Una storia carica di eventi, intrinseca di passaggi di genti, ebbe l'Antico Cilento. Guerre e battaglie, pace e spiragli di serenità, si alternavano in un lembo di terra che si protraeva verso il mare. Era come ascoltare l'eco delle onde lontane, che annunciavano l'avvento di nuove persone: saranno barbari o semplici marinai? Pirati o mercanti? Potea questo chiedersi le genti locali.
Cilento terra antica.
Fascino e storia si cela sotto questo nome che secoli ha dovuto attraversare prima di poter sconfinare, ma prima di giungere alla meta, ne ha di storia da raccontare. Castelli, mercati, briganti...
Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte I)
Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte II)
Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte III)
Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte IV)

Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte III)

Giuseppe Conte • 28 dicembre 2011 09:55
Paestum.
E' l'antica città cara a Poseidone, il quale volle originariamente identificarla con il suo nome: Poseidonia. Ancor visibili e ben conservate, le mura che fanno da cinta all'antica colonia, trasudano intere pagine di storia, cariche di ardore e testimoni perenni di un florido passato. Nonostante la sua importanza, null'altro si sa della sua fondazione, se non contrastanti e contestabili accenni di vecchi cantori, storici e geografi, che di questa terra hanno scritto.
Per oltre un secolo, la città grecizzata, fa ribollir di luce quella piana, un tempo mare, che si stagliava sull'azzurro nostrano. Correvano i secoli avanti Cristo compresi fra il 560 e il 440.
Greci, poi lucani, e poi ancora romani.
Risplende al passaggio di popoli, a volte barbari a volte servili, poi giudicatori, viandanti e infine colonizzatori. Colonizzatori provenienti da un mondo nuovo, coloro che latinizzeranno “lo splendor di una antica storia.”

Possenti monumenti.Come “Basilica” è noto il tempio di Hera, il cui colonnato richiama stili arcaici; di “Nettuno” è invece il tempio di Era (anch'esso per Hera), il più maestoso di tutti, che lì, ancorato a quella nuda terra, rivendica la sua importanza; ed infine era di Cerere, quello noto come di “Athena”, misto di architetture doriche e ioniche, multiforme e silenzioso, dono grande dell'immenso non più fruibile.
E che dire di quella tomba? Quella del “tuffatore”, gelosamente custodita nella struttura museale, ormai assunto a simbolo dei tempi passati.

Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte II)

Giuseppe Conte • 23 dicembre 2011 09:43
Prima delle grandi civiltà.Prima dell'avvento della venuta dei popoli antichi, e prima ancora che diventasse parte di quella “Magna Grecia” che tanto ha influito su questa terra, il Cilento era un territorio probabilmente verdeggiante, ove solo la macchia mediterranea, opera dell'incontrastata natura regnava. Vallate impervie, con il mormorio dei loro torrenti e boschi rigogliosi dominavano l'interno; coste rocciose, che talvolta si alternavano a piccole cale e luoghi da favola, caratterizzavano la zona marina. Così dovette apparire il Cilento ai primi “visitatori”.

Arrivano i greci.Correva il VI sec. a.C. quando da Focea giunsero i primi coloni greci, i quali col tempo diedero vita alla maestosità di Elea. Si instaurò così, un legame profondo, che fu fortemente compromettente per l'assetto locale d'impianto naturalistico. Sulle rive dell'antico Hales edificarono Elea, con la sua fortezza, il suo porto e la sua imponente predominanza. Il Cilento divenne allora culla di antiche civiltà! Passavano i giorni, i mesi, gli anni. Elea divenne importane! E divenne parte della “Grecia grande”. Quanto lustro ha avuto nel corso della storia e quanto ha inciso la sua presenza, tanto da essere ad oggi rimasta incantata, incastonata lassù, sul promontorio che guarda quel mare che i primi esuli vide arrivare.

Quella terra chiamata Cilento: echeggiando tra passato e presente (parte I)

Giuseppe Conte • 18 dicembre 2011 16:26
“Cilento”! In una sola parola si può riassumere il mare e la montagna, la storia e la leggenda, le tradizioni, gli usi e i costumi, i sapori e i saperi. Ne ha di cose da raccontare questo angolo di mondo, posto lì, nella parte bassa dello stivale, proprio laddove lo sguardo inizia a penetrare sull'estremo sud.
Non è definibile in una sola parola, l'immenso patrimonio che sotto ogni aspetto, possiede questa terra; ed è impensabile descrivere questa terra in poche parole, possiamo solo dire Cilento! E pian piano addentrandoci nelle sue innumerevoli pagine colme di ogni vicissitudine che un lembo di terra può offrire, ripercorrere le tappe della vita.
Fin dalla Preistoria.
Tra il cielo azzurro e il limpido mare di molto tempo fa, bisogna indietreggiare per risalire agli albori di questa terra.  Bisogna ripercorrere i luoghi scelti “dall'uomo” per dimorare.

C'è vita nelle grotte! Le cavità costiere, oggi situate fra le marinerie di Palinuro, di Camerota e fino a Scario, sono state insediamento di “antichi uomini”, che qui hanno lasciato il segno. Risalgono al Paleolitico medio, circa 500.000 anni fa, le prime tracce umane nell'odierno Cilento.

Le grotte di Castelcivita e quelle dell'Angelo a Pertosa, nel confinante Vallo di Diano, ormai unito dal parco e dalla modernizzazione, sono stati i primi ricoveri per l'insediamento umano nelle zone interne di questa terra!
I reperti rinvenuti a Camerota e i misteri dell'Antece, tra le vette degli Alburni, ove l'odierno Cilento si inerpica, costituiscono l'ammirevole testimonianza dei primi passi umani mossi fra queste scenografiche realtà.



mercoledì 4 gennaio 2012

Ad Amalfi (di Giuseppe Liuccio)


 Testo di un poeta cilentano innamorato di Amalfi


 
 Cara Amalfi,

in principio fosti ninfa, tanto bella di grazia e di sorriso da ferire di dolcezza il cuore del rude Ercole, che, innamorato alla follia, dimentico della sua vita di giramondo spavaldo a caccia di pericolose "fatiche", ti fu marito/amante mite tenero e devoto. Alla tua morte girò in lungo e in largo per tutto l'universo a caccia di una sepoltura adeguata e degna della tua sfolgorante bellezza.. Trovatala, ne fece il tuo eterno mausoleo decorandolo con gli alberi dei frutti pastosi ,profumati e squillanti di sole, che aveva rubato nel Giardino delle Esperidi, dopo avere ucciso il guardiano/serpente. La tua storia trasmigrata nella sacralità del mito l'ha immortalata in eleganti distici in latino Pontano, poeta, colto sempre, delicato e sensibile spesso.

I nostri Antichi Padri non furono da meno e ti figurarono come "una donna bella, vestita riccamente di broccato, assettata ad una seggia, con un leone in grembo et una palla,seu mondo,significando Amalfi essere bella e forte di sito e gente"

Mia cara ninfa  materializzata in città con tutto il fascino del tuo mistero e lo splendore della tua bellezza,.in te si avverte una cifra impalpabile, ma vera; ed è la luce.Luce è il mare, luce il cielo ed il vento che insieme veleggiano tra le case. Luce a primavera nell'arabesco colorato delle colline, luce in estate nella sospensione assorta e smemore del giorno, luce in autunno nelle malinconie assopite delle foglie ramate, luce anche in inverno quando altrove si fa "agra e migrante e qui si ferma, si incide nelle insenature e vi si riposa come in un nido" C'è luce anche nei vicoli che s'imbutano nel ventre delle case e che preannunziano chiarori ad esplosione di solarità nei giardini segreti. Qui luce e sole hanno gusto quasi tattile e carnalità di sapori. Il sole è carico di vita come un frutto, i bambini lo succhiano al rosa corallino e al viola perlaceo delle ciliegie, lo spaccano alla polpa succosa delle albicocche, lo mordono nelle pesche gialle, lo spiccano al taglio dei denti, lo sbucciano a fuga di aromi nella compattezza delle arance e dei limoni, lo sbavano nel fuoco delle angurie e dei melloni gialli a mezzaluna..Il sole è quasi adagiato  e si diverte a  cavalcioni delle onde ed il mare, a sua volta, lo riverbera  e lo rifrange sulla pelle, che,  anche a distanza, cattura profumi di iodio e sale e lievita emozioni.D'altronde,qui c'è una magica "reciproca metamorfosi tra terra ed acqua" che fa del grappolo di case di Vagliendola un cespo di corallo riemerso e degli scogli intagliati e levigati dal vento e dall'onda pinnacoli gotici a trafiggere il cielo. Tu, mia cara ninfa/città a scivolo sull'acqua, sei un libro pietrificato lungo la costa, le cui pagine spigolose nascondono ed insieme disvelano anse e cale, che sono letti d'amore nella gloria del sole o nel fuoco della luna.E qui più che altrove "Il mare è il Lucifero dell'azzurro. Il cielo caduto per volere essere la luce", tanto per dirla con il grande Federico Garcia Lorca..E case campagne ed orti si rincorrono tra salite a perdita d'occhio e discese ad abbracci di mare con soste a virgola di incroci e pause da svenimento estatico da slarghi precipiti. E cantano epopea di lavoro ed inni alla bellezza in una con la brezza, che, carica di profumi,rotola  dalla montagna, pettina gli orti delle colline fino a gorgogliare  giù con la risacca,che lenta ingravida le grotte-.Sono chilometri di Paradiso le vie zigzaganti, aorte che pompano vita e lavoro al tuo corpo steso in armonica bellezza da Lone, a Pogerola,a Vettica e a Tovere, nido di rondini sospeso lassù tra falesie di monti e cupole di cielo.E  tu, ninfa/città di grazia e d'armonia, continui a  regalare frutti pastosi, memore del dono del Giardino delle Esperidi nei tanti ettari coltivati a limoneti e a vigneti, che straripano dai terrazzamenti fino ad invadere il centro storico lungo il Chiarito a Valle dei Mulini o sui dorsali accecanti di sole di Madonna del Rosario e Capodicroce.

Mia cara città/ninfa, ancora poche ore e comincia la frenetica vigilia d'addio al 2011.L'anno che muore si vena di malinconia e quello che nasce ha rari spazi di entusiasmo.Il futuro è a luce intermittente come le palline colorate degli alberi, addobbati con parsimonia consigliata dalla crisi.Ma la tradizione vuole gli auguri allegri e festosi. Ed auguri  siano, scoppiettanti come i fuochi d'artificio. frizzanti come una spumeggiante coppa di champagne.Che tu possa corservarti sempre  seducente, nonostante i tanti, troppi, attentati alla tua bellezza. Che gli amministratori curino le tue ferite ridando  splendore ed armonia ad ogni parte del tuo corpo, a cominciare dalle articolazioni anchilosate  e intorpidite delle periferie per finire alla luminosità del tuo volto del centro storico spesso involgarito da trascuratezza nell'arredo urbano e dalla mancanza di cura nei particolari. Che tutti (amministratori, operatori turistici e la più vasta società civile) ritrovino ed esaltino l'etica della responsabilità, smettano i panni di Ercole rude, spavaldo ed un pò arruffone ed indossino quelli del marito/amante sensibile, delicato, tenero, ferito di dolcezza d'amore e ti rendano sempre più accogliente e seducente come si addice ad una regina, come ti figurarono gli Antichi Padri "riccamente vestita di broccato, bella e forte di sito e gente". Che tutti sappiano raccogliere dal ricco scrigno dei tuoi tesori la tua eredità più preziosa: LA CULTURA.

Quanto a me, mi auguro  che sia sempre più fecondato dall'uragano delle emozioni che mi hai sempre dato e  dallo stato di grazia di tradurle nella carnalità delle parole che si fanno poesia, che, per dirla con il grande Adonis, è sempre "luce di parole e parole di luce", come  ho cercato di renderti in un momento di felicità espressiva nella sonorità contagiosa del nostro dialetto.."Amalfi è nu quadro/pittato c'ammore/'nfunnenno 'o penniello/ cu mille culure./Amalfi è poesia/scippata d'o core/è musica doce/sunata d' 'o mare/Amalfi è n'addore/purtato d' 'o viento/ca passa cantanno/ pe' mmiez'e limune./Amalfi è nu suonno/sunnato scetato/c'o sole int'a ll'uochhie/guardanno 'ncantato"

Con l'amore di sempre.

tuo

Giuseppe Liuccio